Se è vero che Leonardo fu l’unico dei tre a non essere chiamato da Giulio II in quel fatidico 1508, è altrettanto vero che Leonardo visse a Roma e visse in Vaticano, nella Villa Belvedere. Le opere che realizzò in questo periodo furono poche, ma di straordinaria importanza e soprattutto fu la sua presenza a Roma ad essere di straordinaria importanza.
” Partii da Milano per Roma, ad 24 di settembre 1513 “
In quel periodo Raffaello lavorava in Vaticano per Leone X e anche se non si sa con esattezza quali fossero gli appartamenti in cui Leonardo visse, sicuramente le stanze terminate da Raffaello l’anno precedente erano note a Leonardo, come sicuramente avrà visto anche il lavoro che l’Urbinate stava realizzando per il papa, proprio in quel momento, nell’ala meridionale del Palazzo Vaticano con vista diretta sulla villa dove soggiornava Leonardo.
I due grandi artisti erano di fatto in contatto, avevano tra l’altro anche lo stesso mecenate, Giuliano dei Medici di cui Raffaello fece un famoso ritratto (la copia forse di maggiore qualità è al The Metropolitan Museum) e di cui il suo stesso biografo, Vettori, ambasciatore fiorentino a Roma ed amico di Machiavelli, scrisse che era “più presto da Corte che da guerra” e che i suoi maggiori diletti erano in ordine ” il sesso, il lusso ed il mecenatismo delle arti” . Nonostante il suo ruolo storico risulti secondario rispetto a quello del fratello, papa Leone X , non si può certo dire che non avesse capacità adeguate per riconoscere genialità e talento ed in particolare colse l’ unicità del genio di Leonardo e gli riconobbe uno stipendio fisso per tre anni oltre ad ospitarlo nella sua casa;questo quando la carriera di Leonardo pittore era stata fortemente compromessa dal fallimento del dipinto della Battaglia di Angari, proprio nel fatidico 1508.
Più che i singoli dettagli tecnici è il concetto generale di Leonardo ad impressionare Raffaello, 30 anni più giovane di Leonardo e al massimo della sua carriera artistica. Le pose dei ritratti di Raffaello, incluso quello della Fornarina, gli affreschi della Battaglia di Ponte Milvio (o di Costantino), realizzati materialmente da Giulio Romano, allievo di Raffaello, ma la cui composizione e sicuramente anche le linee guida realizzative si devono a Raffaello. e sembrano la traduzione pittorica degli scritti di leonardo:
“Farai prima il fumo dell’artiglieria mischiato infra l’aria insieme con la polvere mossa dal movimento de’ cavalli de’ combattitori;la qual mistione userai così: la polvere, perchè è cosa terrestre e ponderosa, e benchè per la sua sottilità facilmente si levi e mischi infra l’aria, nientedimeno volentieri ritorna in basso, ed il suo sommo montare è fatto dalla parte più sottile; adunque il meno sarà veduta, e parrà quasi del color dell’aria. Il fumo che si mischia infra l’aria polverata, quando più s’alza a certa altezza, parrà oscure nuvole, e vedrassi nelle sommità più espeditamente il fumo che la polvere. […]”
[Leonardo da Vinci – Trattato della Pittura]
Nonostante Giorgio Vasari non avesse troppa simpatia per Leonardo che si occupava di Alchimia, specchi e sperimenti vari “vacui ed ingegnosi”, deve riconoscerne la grandezza anche nel paragone con Raffaello:
” […] per diligenza o studio che facesse, in alcune difficoltà non poté Raffaello passare Leonardo e sebbene pare a molti che egli lo passasse nella dolcezza e in una certa facilità naturale, egli nondimeno non gli fu punto superiore in un certo fondamento terribile di concetti e grandezze d’arte nel che pochi sono stati pari a Leonardo, ma Raffaello se gli è avvicinato bene più che nessun altro pittore e massimamente nella grazia dei colori “
[Giorgio Vasari, Biografia di Raffaello, 1568]
La presenza di Leonardo a Roma tra il 1513 e il 1516 fu tutt’altro che insignificante per la Storia dell’Arte.